RICORDO DEL SOCIO ALTEO DOLCINI E DEL SUO GRANDE IMPEGNO PER LA PROMOZIONE DELLA CULTURA ROMAGNOLA

Giovedì 2 settembre scorso, nell’anniversario della sua scomparsa, il socio Alteo Dolcini è stato ricordato dal Rotary Club Faenza per il suo contributo allo sviluppo e alla crescita dell’arte ceramica faentina. La serata, voluta dal Presidente del Club Andrea Rava, si è svolta grazie al contributo di Silvia Dolcini, figlia di Alteo, che ha gentilmente fornito alcuni storici documenti filmati che testimoniano il grande amore di Alteo per le ceramiche faentine, grazie a lui diventate un’icona del nostro territorio e uno degli elementi di maggior vanto artistico e culturale.

Parlare di Alteo Dolcini solo in funzione del suo contributo alla valorizzazione delle ceramiche sarebbe però riduttivo, tali e tanti sono stati i meriti del suo impegno nella promozione delle tipicità romagnole. Nato a Forlimpopoli, dopo gli studi in economia e commercio divenne segretario del Comune di Faenza, dove ha speso tutta la sua vita di funzionario pubblico mettendo al centro della sua attività prima il ruolo istituzionale, ma, subito dopo, l’amore per la sua Romagna. È stato il fautore di un’inesauribile attività per la riscoperta, la valorizzazione e la promozione del patrimonio culturale ed economico romagnolo. Giornalista scrittore e divulgatore moderno, alle sue intuizioni si devono la costituzione dell’Ente Tutela Vini di Romagna, del Tribunato di Romagna, della Società del Passatore e la creazione della Ca’ de Bé di Bertinoro, alla quale seguirono la Cà de Ven di Ravenna e la Cà de Sanzvés di Predappio.

Alteo Dolcini è stato anche fondatore della rivista Mercuriale Romagnola. Sono tanti i libri da lui scritti, nei quali ha espresso la sua vena divulgativa su temi di carattere culturale, storico, amministrativo che hanno come filo conduttore la Romagna. Ideatore della 100 km del Passatore, ha promosso la nascita dell’Ente Ceramica Faenza, dell’Ente Musica Romagna e dell’associazione “Fo-Fa” (Forlì-Faenza) che si richiama all’immagine della Madonna del Fuoco venerata nelle due città. Un’attività socio-culturale intensa grazie alla quale ha saputo raccogliere attorno a sé numerosi simpatizzanti, tanti amici, ma anche qualche imprevidente detrattore.

Nel corso della serata si sono susseguiti diversi interventi di rotariani che hanno avuto occasione di incrociare nel loro cammino professionale e culturale Alteo Dolcini. Dopo i saluti introduttivi del Presidente Rava, in rappresentanza del Tribunato di Romagna è intervenuto Bruno Marangoni, il cui ricordo di Dolcini è legato soprattutto al mondo della viticoltura, del quale era profondo estimatore, ma anche conoscitore, tanto da promuovere studi e ricerche sui vitigni autoctoni romagnoli. Dolcini aveva capito, tra i primi, che il mondo andava verso la globalizzazione, ma che in questo contesto non si dovevano dimenticare le origini, i valori del territorio e le potenzialità di crescita e promozione che alcuni prodotti di eccellenza potevano sinergicamente favorire.

Davide Servadei ha ricordato il carisma di Alteo Dolcini, soprannominato “e dutòr”, e la sua instancabile opera per favorire la nascita dell’Ente Ceramica di Faenza, attraverso il quale le opere di tanti artisti faentini sono diventate note nel mondo; si potrebbe dire che Dolcini è stato un uomo di marketing ante litteram, ma non solo. Instancabile propositore di idee, entusiasta trascinatore nei progetti in cui credeva, sapeva fare gruppo; grazie a lui, ancora oggi la comunità dei ceramisti faentini è molto coesa e ha saputo crescere e promuovere attività che hanno portano la loro arte ad essere conosciuta ovunque. Ceramica, Romagna, Liscio e Sangiovese erano i punti fermi del lavoro quotidiano di Dolcini.

Stefano Collina ha ricordato il suo primo incontro con Alteo Dolcini, proprio nel 1999, quando, da giovane amministratore faentino, fu subito colpito e coinvolto dalla sua travolgente energia. Dolcini é stato un pilastro nella vita della città nel delicato ruolo che ricopriva all’interno della pubblica amministrazione, ma come “romagnolo puro” aveva capito quali erano i due “asset” fondamentali per il territorio: le ceramiche, sinonimo di arte e cultura, e il vino, sinonimo di territorio e tradizioni.

L’intervento conclusivo di Vittorio Argnani ha voluto ricordare anche il passato più remoto di Alteo Dolcini: aveva fatto la guerra, era stato prigioniero, subendo anche menomazioni fisiche. Si era impegnato in quel periodo nella distribuzione di aiuti, così come ha fatto durante successivi eventi calamitosi nazionali. Probabilmente da queste esperienze sono nate le sue vocazioni ad aiutare gli altri, a mettersi a disposizione della collettività, a proporsi e spendersi con un unico sentimento che si può tradurre in una frase che è il motto fondante della Società del Passatore: “Sol da dé, gnit da dmandé” (solo dare, nulla da chiedere). Proprio quel Passatore, da qualcuno definito “cortese”, in realtà “brigante”, che Dolcini ha provocatoriamente voluto a simbolo del Tribunato e dei vini dell’Ente Tutela. Da “illuminato provocatore” Alteo aveva capito che l’importante è far parlare di qualcosa e di qualcuno, poi la bontà delle cose avrebbe dato ragione. E, di ragione, Alteo Dolcini ne ha avuta e ricevuta, talora tardivamente.

Non solo ceramica, quindi, dietro ad Alteo Dolcini, ma tanto altro: tanta passione, tanta determinazione, tanta capacità di coinvolgimento, tanta Romagna con le sue eccellenze. Qualcuno lo aveva definito visionario, sicuramente il suo vero carattere distintivo era quello di essere un precursore.

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